Come Difendersi dalle Fake News sul Cibo

Ho scelto un titolo un po’ polemico per questo articolo del blog, perché sempre più spesso mi capita di parlare con persone che si trovano in uno stato di confusione, bombardate da mille notizie diverse e incapaci di capire cosa davvero abbia un senso e cosa invece rappresenti una moda, una notizia lanciata volutamente per creare sensazionalismo e magari senza alcun fondamento logico o scientifico.

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Il principio del “NON CREDO” nella macrobiotica

Uno dei principi che più mi piacciono della macrobiotica è quello che potremmo definire il NON CREDO. L’idea alla base di questo principio invita ad ascoltare quello che ci viene proposto, elaborarlo, sperimentarlo, mettersi in ascolto per capire se può andare bene per noi, se ci porta un vantaggio e, in caso positivo, di adottare il suggerimento nella nostra quotidianità.

Infatti credo fermamente che l’ascolto del nostro corpo e delle nostre sensazioni sia un criterio importantissimo per fare una valutazione che sia funzionale al nostro benessere, cosa che purtroppo avviene sempre meno.

 

Scienza: limiti e integrazione con una visione energetica

Io non sono contro la scienza, anzi, però la scienza ha sicuramente dei limiti (non può misurare quello che non esiste, non inserisce i consigli nel contesto nel quale vive la persona, spesso ha un linguaggio difficile e basa il suo giudizio sulla dicotomia fa bene/fa male senza tenere conto dell’effetto sul corpo, riduce il cibo in molecole tralasciando la visione d’insieme), e per questo mi piacerebbe arrivare a una visione integrata tra approccio scientifico ed energetico.

In attesa che il mio sogno si realizzi, vorrei provare a fare una carrellata veloce di alcune notizie che ricorrono con maggiore frequenza e che potrebbero essere d’aiuto per orientarci in questo mondo “iperinformato”.

 

I carboidrati fanno alzare la glicemia

È vero che i carboidrati, una volta trasformati in zuccheri, in particolare in glucosio che è l’unica forma di zucchero che il nostro corpo è in grado di utilizzare, impattano sulla glicemia.

Zuccheri semplici, complessi, protetti e non protetti 

Quando noi mangiamo alimenti contenenti carboidrati, infatti, questi iniziano ad essere digeriti in bocca con la masticazione. Poi, man mano che il processo di digestione prosegue, vengono scomposti in zuccheri sempre più semplici, fino ad arrivare al glucosio.

Una prima distinzione importante da fare è tra zuccheri semplici e zuccheri complessi, nel senso che i primi vengono assorbiti subito e vanno subito in circolo, impattando in modo più significativo sulla glicemia, mentre quelli complessi hanno bisogno di essere scomposti e quindi entrano in circolo in modo più lento e graduale.

Una discriminante importante è anche tra zuccheri protetti e non protetti, nel senso che gli zuccheri protetti contengono anche le vitamine e i sali minerali che servono per il processo di metabolizzazione, mentre quelli non protetti non li contengono e quindi il corpo deve attingere alle nostre riserve per poterli utilizzare.

Ma al netto di tutto ciò, l’innalzamento più o meno veloce della glicemia è il sintomo, non il problema: l’organo responsabile della produzione di insulina, quell’ormone che permette al nostro corpo di “immagazzinare” l’eccesso di glucosio e di stoccarlo per il futuro, e del glucagone, l’ormone che permette al nostro corpo di rilasciare il glucosio immagazzinato quando ce n’è bisogno, è il pancreas e spesso, quando ci sono problemi di glicemia, il motivo è uno squilibrio del pancreas, nella fattispecie un eccesso di tensione (yang) o una condizione di debolezza (yin).

Il ruolo del pancreas nella gestione della glicemia 

Se il nostro pancreas è in equilibrio, se non è né troppo debole né troppo contratto, è tranquillamente in grado di gestire gli zuccheri e il loro impatto sulla glicemia. I problemi arrivano quando è troppo debole, e quindi produce troppa poca insulina o insulina “debole”, o quando è troppo contratto, e quindi produce troppa insulina, creando il fenomeno dell’ipoglicemia.

Il mio consiglio, quindi, visto che le fluttuazioni della glicemia sono un fenomeno del tutto naturale, non è tanto quello di focalizzarsi su questo dato, scegliendo ad esempio alimenti che non impattano sulla glicemia, quanto quello di armonizzare e tonificare il pancreas, in modo che sia in grado di gestire sia l’innalzamento della glicemia (insulina) sia il fenomeno dell’ipoglicemia (secernendo un ormone che si chiama glucagone il cui compito è quello di stimolare il fegato a rilasciare nel sangue gli zuccheri che sono stati immagazzinati). Se vuoi approfondire l’argomento puoi leggere qui.

 

Bisogna contare le calorie

Spesso, se una persona vuole dimagrire, le viene proposta una dieta ipocalorica all’interno della quale il computo delle calorie è considerato uno dei pochi criteri di scelta, se non l’unico.

Ma facciamo un passo alla volta.

La caloria è la quantità di calore rilasciato da un grammo di un nutriente quando viene bruciato. Ad esempio, i carboidrati e le proteine producono 4 kcal per grammo, i grassi 9 e l’alcool 7.

Sicuramente è vero che il computo delle calorie ha il suo peso, infatti se si consumano più calorie di quelle che si bruciano, l’energia in eccesso viene immagazzinata sotto forma di grasso. Ma il punto interessante, del quale non si sente mai parlare, è che non tutte le calorie sono uguali.

Infatti, gli elementi, e quindi anche gli alimenti, “bruciano” in modo diverso (se mettiamo nel camino un tronco da un chilo o rametti equivalenti a un chilo di peso, il tempo in cui bruceranno sarà molto diverso, così come se ingeriamo la stessa quantità di olio o di burro, che sono entrambi grassi, l’effetto sul corpo sarà profondamente diverso).

Infine, anche il nostro metabolismo, ovvero il modo in cui il nostro organismo usa l’energia prodotta dagli alimenti per espletare le funzioni vitali, varia a seconda delle ore del giorno in funzione del ritmo circadiano, e quindi mangiare la stessa sostanza in momenti diversi della giornata può avere un impatto diverso. Quindi, va bene stare attenti alle calorie, ma non usiamole come unico criterio di scelta.

 

Il glutine crea infiammazione ed è da evitare

Il glutine è un complesso proteico presente in diversi cereali e la nostra risposta all’assunzione del glutine dipende da diversi fattori: dalla qualità e dalla concentrazione di glutine presente in un alimento (un grano antico rispetto a un grano moderno contiene in proporzione meno glutine e un glutine di qualità diversa), dalla presenza o meno degli enzimi necessari per scomporlo in aminoacidi che poi vengono utilizzati dal nostro organismo.

Se cerchiamo la definizione di infiammazione, troviamo una cosa del genere: l’infiammazione è una risposta immunitaria del corpo a un danno o a un’infezione, volta a neutralizzare l’agente dannoso e avviare il processo di guarigione. Questo processo fisiologico include la neutralizzazione della causa del danno, la riparazione del tessuto e il ripristino della sua funzionalità. 

I segni comuni dell’infiammazione sono arrossamento, gonfiore, dolore, calore e limitazione funzionale. Da un punto di vista energetico, invece, potremmo definire l’infiammazione come uno squilibrio tra yin e yang e i fattori da cui dipende sono legati anche alla zona del corpo nella quale si manifesta. Ad esempio, un’infiammazione che riguarda le dita (estremità) ha una componente prevalentemente yin, e quindi richiederà una certa strategia, mentre un’infiammazione che riguarda la schiena (zona posteriore), ha una componente più yang, e quindi richiederà altri accorgimenti.

Da qui si evince come sia riduttivo ricondurre uno stato infiammatorio a una singola sostanza, trascurando una visione d’insieme che coinvolga anche l’aspetto energetico, e soprattutto come, dal mio punto di vista, non si possa parlare di “dieta antinfiammatoria”, quanto di strategie mirate e diversificate a seconda del problema da risolvere.

 

Attenzione alle carenze

Penso siate tutti d’accordo sul fatto che viviamo in un mondo di eccessi, eppure il messaggio che arriva camminando tra le corsie del supermercato è esattamente l’opposto: ci sono sempre più prodotti addizionati di questo e di quello, come se fossimo tutti con carenze.

 

A questo si accompagna anche la tendenza ad adottare accorgimenti per massimizzare l’assorbimento dei nutrienti, uno tra tanti il ferro.

Uno dei consigli, in questo caso, è di aggiungere del succo di limone alle foglie verdi, ma siamo sicuri che sia un consiglio adatto a tutti? Sicuramente per una persona con problemi di anemia, utilizzare questo accorgimento per ottimizzarne l’assorbimento può essere una buona scelta, me se questa persona ha problemi, ad esempio, di intestino permeabile (problema yin), usare un eccesso di succo di limone, potrebbe non rivelarsi la scelta migliore.

Inoltre sarebbe interessante anche indagare se l’anemia è un problema legato a una carenza di ferro nella dieta o magari a un problema di malassorbimento, che richiederebbe una strategia dedicata. Impariamo quindi a valutare di volta in volta il problema e la soluzione che viene proposta.

 

Mangiare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno

Questa è una delle raccomandazioni più diffuse. Iniziamo a sentirla a scuola e ci accompagna per tutta la vita, ma da un punto di vista dell’apporto di nutrienti ci sono grandi differenze tra frutta e verdura.

Inoltre, dal punto di vista energetico, frutta e verdura hanno un impatto molto diverso sul corpo. La frutta è molto più yin e quindi mangiarla cruda o mangiarla cotta fa una grande differenza (più un cibo è yin e più risente del calore della fiamma che è yang, quindi tanto la frutta cruda raffredda, crea umido e potrebbe portare debolezza, quanto la frutta cotta non solo non raffredda, ma rilassa e aiuta a togliere la voglia di dolce).

Questa differenza, invece, è meno marcata quando si tratta della verdura. Ecco quindi quanto sia importante, anche in questo caso, fare una scelta con cognizione di causa.

 

Il digiuno intermittente è fondamentale per rigenerare l’organismo

In un mondo in cui si mangia troppo e troppo spesso, sicuramente la pratica del digiuno intermittente può portare un beneficio immediato perché porta la persona a mangiare meno, soprattutto la sera.

Detto ciò, però, spesso il digiuno viene preso come la soluzione a tutti i mali nel senso che la persona non presta attenzione a quello che mangia, perché poi con il digiuno si compensa tutto.

In realtà, per quella che è la mia esperienza, per quanto riconosco che il digiuno possa avere dei vantaggi, il vero focus dovrebbe essere di concentrarsi su quello che si mangia in modo da creare ordine (allineandosi con il ritmo circadiano) e assumere cibo nella giusta qualità e quantità per garantire il nostro benessere.

Ricordiamo, infatti, che il cibo che ingeriamo lascia un segno nel nostro corpo e nemmeno il digiuno ha il potere di cancellarlo. Una pratica interessante per sperimentare l’effetto del cibo sul corpo potrebbe essere quella di seguire per tre giorni il digiuno macrobiotico: se volete approfondire, potete leggere qui.

 

Conclusione

In un contesto in cui l’informazione corre veloce e spesso senza filtri, imparare a distinguere ciò che è fondato da ciò che è semplicemente rumoroso diventa una competenza essenziale per il nostro benessere. Più che affidarci ciecamente a ciò che leggiamo o ascoltiamo, è fondamentale sviluppare senso critico, osservare come il corpo reagisce davvero a ciò che mangiamo e adottare un approccio equilibrato che tenga conto sia della dimensione scientifica sia di quella energetica.
Non esistono soluzioni universali valide per tutti: ogni scelta dovrebbe nascere dall’ascolto personale, dalla sperimentazione consapevole e dalla volontà di comprendere ciò che funziona nel proprio contesto. Solo così possiamo orientarci in un mare di informazioni e costruire una relazione autentica e responsabile con la nostra salute.

E voi cosa ne pensate?

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