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Le prugne umeboshi in realtà sono albicocche che originariamente venivano coltivate in Cina e Giappone. Ora ci sono diversi produttori di umeboshi anche in Italia.
Analogamente a quanto avviene con le nostre olive, poiché vengono raccolte acerbe, non possono essere consumate così come vengono raccolte, ma hanno bisogno di essere lavorate, ovvero essiccate e messe a fermentare sotto sale per un anno o più in grandi barili di legno e avvolte nelle foglie di shiso, una pianta che cresce anche in Italia.
Si ottiene così un prodotto estremamente “forte”, con un effetto alcalinizzante e tonificante.
Da un punto di vista energetico, sono fermentate e leggermente acidule e quindi piacciono molto al fegato.
Grazie alla lunga fermentazione e alla presenza del sale, si conservano a lungo anche fuori dal frigorifero.
In commercio potete trovarle sotto forma di frutti interi (di solito in vasetti di vetro), di purea (la polpa che si ottiene dopo averle denocciolate e schiacciate) o di acidulato (il liquido di fermentazione, una specie di aceto salato).
Prugne intere
Le prugne intere si possono aggiungere a pezzetti all’acqua di cottura di cereali e legumi per renderli più digeribili. Si può aggiungere una prugna anche ai cereali già cotti per conservarli più a lungo. Si può aggiungere una prugna anche all’acqua che teniamo nella borraccia e che consumiamo quotidianamente, per arricchirla di sali minerali. Si usano anche nell’olio della frittura, per rimineralizzarlo. Un consiglio è di conservare il nocciolo, che può essere succhiato per alleviare mal di gola e altri disturbi.
Purea di umeboshi
La purea invece si può utilizzare per creare gustose salsine semplicemente unendola a una crema di frutta secca (a me piace particolarmente con tahin, mandorle o arachidi) e diluendo con un po’ d’acqua fino a ottenere la consistenza desiderata.
Ottima anche per preparare le famose palle di riso (trovi la ricetta nel blog).
Acidulato di umeboshi
L’acidulato, infine, si può usare come insaporitore sia a crudo sia in cottura al posto dello shoyu/tamari o del sale, facendo attenzione a non esagerare con le quantità perché è molto salato. Inoltre si può usare al posto del sale per condire le verdure prima di metterle sotto pressione.
Le umeboshi si usano in tanti rimedi per il loro potere tonificante, energizzante e alcalinizzante, sono particolarmente indicate come ricostituente e per tutti i problemi del tratto digerente (nausea anche in gravidanza, mal d’auto, stipsi, dissenteria, reflusso, gastrite, emorroidi esterne, difficoltà di digestione in generale, ecc.), ma anche per il mal di testa, senso di affaticamento e stanchezza, raffreddore, febbre e sintomi influenzali.
L’ume-sho-kuzu è il rimedio principe per quanto riguarda il tratto digerente, ma se quest’ultimo non è coinvolto, basta anche mettere in una tazza una prugna schiacciata o un cucchiaino di purea, aggiungere un cucchiaino di shoyu e versare sopra del tè kukicha caldo.
Ingredienti:
1 o 2 T acqua fredda
1 c kuzu
½ prugna umeboshi (senza nocciolo) o ½ c purea di umeboshi
1 c shoyu
Preparazione:
Sciogliete il kuzu nell’acqua fredda, aggiungete la prugna umeboshi schiacciata (o la purea) e portate a ebollizione. Fate bollire qualche minuto continuando a mescolare, finché il liquido diventa trasparente e denso. Aggiungete lo shoyu, fate sobbollire ancora qualche minuto, togliete dal fuoco e bevete caldo, meglio la mattina a digiuno, per una settimana e poi a giorni alterni per tre settimane. Con un’aggiunta extra di kuzu, diventa un rimedio da pronto soccorso in caso di dissenteria.
Utile anche la sera prima di andare a letto se avete problemi di digestione.
Le prugne si possono anche usare per creare un integratore energizzante da bere durante la giornata o mentre si fa attività sportiva. In questo caso basta far bollire una prugna per una decina di minuti o semplicemente metterla in infusione nell’acqua che berrete durante la giornata.
Esiste anche un utile rimedio da preparare dopo l’allenamento con effetto alcalinizzante e rimineralizzante. Aiuta a compensare la presenza di acido lattico, ha un effetto miorilassante grazie alla presenza del malto d’orzo e, grazie alla presenza del limone, ha un effetto benefico sul fegato che controlla tutte le parti elastiche del corpo, in particolare muscoli e tendini.
Portate a bollore un litro di acqua con una prugna umeboshi tagliata finemente completa di nocciolo, fate bollire per 15 minuti, quindi spegnete, aggiungete 2 o 3 cucchiai di malto d’orzo e ½ C di succo di limone.
Infine i noccioli avanzati dopo aver usato le prugne si possono conservare nel loro vasetto in frigorifero e tenere in bocca all’occorrenza come analgesico, soprattutto per il mal di gola.
Infine, l’ultima trovata commerciale sono le pastiglie di umeboshi, dei piccoli granuli che in genere si trovano nei negozi biologici, si fanno sciogliere sotto la lingua e hanno un effetto analogo alle prugne vere e proprie.
Le umeboshi non sono solo un ingrediente esotico: sono un vero e proprio tesoro della cucina macrobiotica. Grazie alle loro proprietà alcalinizzanti, tonificanti e digestive, rappresentano un supporto quotidiano per il benessere naturale. Che tu voglia arricchire le tue ricette, superare piccoli disturbi in modo naturale o semplicemente avvicinarti a uno stile di vita più consapevole, le umeboshi sono un alleato prezioso. Integrarle nella tua alimentazione significa scegliere un rimedio semplice, potente e perfettamente in linea con i principi della cucina naturale e sostenibile.
Strategie naturali contro l’osteopenia
Da anni sto adottando molti accorgimenti per contenere l’osteopenia che si è sviluppata anche in seguito alle cure che ho dovuto fare e che, stando alle previsioni dei medici, a quest’ora avrebbe già dovuto trasformarsi in un’osteoporosi importante.
Le mie abitudini quotidiane per la salute ossea
Sono tanti gli accorgimenti che ho adottato:
- Metto in ammollo per qualche ora i cereali, e non solo i legumi, prima della cottura
- Consumo quasi quotidianamente foglie verdi saltate con olio di sesamo e sale, il piatto per eccellenza per l’osteoporosi
- Uso la soia sotto forma di bevanda vegetale quando preparo la crema di cereali per la colazione (se uso il latte già pronto, di solito lo faccio cuocere con un po’ di orzo e alga kombu per renderlo più yang), ma anche sotto forma di tofu e tempeh
- Uso regolarmente la frutta secca sempre leggermente tostata, prevalentemente semi di sesamo (anche sotto forma di gomasio), semi di zucca, semi di girasole, mandorle e nocciole
- Inserisco nella mia alimentazione quotidiana le alghe: la wakame per la zuppa di miso, la kombu per la cottura dei legumi e per preparare il brodo base (oltre ad alcuni piatti che uso soprattutto in inverno come il nishime e azuki zucca e kombu o ceci zucca e kombu), l’alga nori in fogli sotto forma di snack o come involucro per cereali, verdure e legumi ai pasti o per farmi le palle di riso quando sono in viaggio
- Uso regolarmente condimenti salati a lunga fermentazione come miso, shoyu, umeboshi e anche i crauti
- Bevo regolarmente il tè kukicha
- Nei mesi invernali, durante i quali non ho la possibilità di espormi al sole, integro la vitamina D (in genere da ottobre a marzo)
- Cerco di fare tutti i giorni una sessione di allenamento con il rebounder (tappetino elastico) oppure di camminare almeno tre quarti d’ora.
Nonostante tutti questi accorgimenti, la situazione non migliorava e così, di recente, dopo essermi confrontata con il mio insegnante Martin Halsey, ho iniziato a consumare regolarmente il natto.
Scoprire il natto: che cos’è e come si produce
Ma che cosa è il natto?
Il natto è un alimento tradizionale giapponese a base di fagioli di soia fermentati con una variante del Bacillus Subtilis.
Fermentazione tradizionale del natto
Tradizionalmente il natto veniva preparato mettendo i semi di soia a fermentare nella paglia di riso, che contiene naturalmente il Bacillus Subtilis, mentre ai nostri giorni la soia viene ammollata, cotta, scolata, inoculata con lo starter e poi lasciata fermentare a una temperatura di massimo 50°C per massimo 24 ore.
In genere il prodotto finito viene conservato in frigorifero o congelato (se volete provarlo, lo trovate nel banco freezer di alcuni negozi di prodotti asiatici particolarmente ben forniti) e si consuma così come è, senza bisogno di cuocerlo ulteriormente.
Aspetto, sapore e modalità di consumo
È un prodotto dall’aspetto non molto invitante perché i fagioli sono tenuti insieme da una patina filamentosa, oltre all’odore e al sapore pungente che non lo rendono un prodotto facile da proporre.
In genere si condisce con salsa di soia e senape e viene consumato accompagnato a del riso integrale con un po’ di cipollotto fresco.
Quando si parla di natto, il mondo si divide in due: c’è chi lo ama e c’è chi lo odia.
Per quanto mi riguarda devo dire che è stato amore a prima vista.
Proprietà del natto: benefici sorprendenti
Il natto, oltre ad essere un fermentato e quindi un probiotico, ha tantissimi benefici:
Digestione, intestino e sistema immunitario
- La fermentazione aumenta la digeribilità della soia e migliora l’assorbimento dei nutrienti
- Essendo un probiotico, è particolarmente indicato per la salute dell’apparato digerente, soprattutto dell’intestino, rafforzando così anche il nostro sistema immunitario
Salute delle ossa e vitamina K2
- È una fonte importantissima di vitamina K2, che stimola la formazione delle ossa e aiuta a contrastare osteopenia e osteoporosi
Benessere cardiovascolare
- È un toccasana per il sistema circolatorio
Modi creativi per gustare il natto
Ho provato il natto anche in alcune versioni meno tradizionali, ma dettate dalle contingenze, ovvero dalla mancanza di alcuni ingredienti, e devo dire che mi ha sempre soddisfatto: con la salsa ai 4 sapori (trovi la ricetta qui), a colazione aggiunto a cereali già cotti conditi con una crema di zucca, carote o altre verdure, nella zuppa di miso.
Il prossimo obiettivo è autoprodurlo. Ti faro sapere come andrà.
Conclusioni: un alleato da provare
Introdurre il natto nella mia alimentazione è stato un passo potente verso un benessere più profondo e strutturato. Questo alimento, pur nella sua semplicità, incarna perfettamente lo spirito della cucina macrobiotica: equilibrio, fermentazione, vitalità. Nonostante l’aspetto e il gusto particolare, il natto è diventato per me un rituale quotidiano, un piccolo gesto d’amore verso la mia salute.
Se anche tu cerchi un modo naturale per sostenere le tue ossa, migliorare la salute intestinale e rafforzare il tuo sistema immunitario, ti invito a provarlo. Potrebbe sorprenderti — come ha fatto con me. E se vorrai approfondire come integrarlo nella tua cucina, ti aspetto nei nostri corsi e nelle consulenze personalizzate.
E tu l’hai mai provato? Se sì, come è andata? Se no, ti piacerebbe assaggiarlo?
FAQ sul natto e i suoi benefici
Cos’è il natto e da dove proviene?
Il natto è un alimento giapponese ottenuto dalla fermentazione della soia con Bacillus subtilis. È noto per la consistenza filamentosa della patina che lo ricopre e il sapore deciso.Il natto fa bene alle ossa?
Sì, è una delle fonti naturali più ricche di vitamina K2, fondamentale per la salute ossea, specialmente in caso di osteopenia o osteoporosi.Posso mangiare il natto se seguo una dieta macrobiotica?
Assolutamente sì. Il natto è un fermentato altamente consigliato nella cucina macrobiotica, grazie al suo potere probiotico e alla ricchezza nutrizionale.Come si consuma il natto?
Tradizionalmente con riso integrale e condimenti semplici come salsa di soia e senape. Si può anche integrare in zuppe, colazioni salate o piatti di cereali e verdure.Dove posso acquistare il natto in Italia?
Lo trovi nei negozi biologici o asiatici ben forniti, generalmente nel banco freezer. Alcuni e-commerce specializzati lo offrono anche online.Posso autoprodurre il natto a casa?
Sì, è possibile. Basta procurarsi i fagioli di soia, lo starter di Bacillus subtilis e seguire il processo di fermentazione controllata.
Se volete saperne di più, se avete dubbi o domande o se vi interessa una consulenza individuale potete contattarmi scrivendo a info@ibuonisani.it oppure chiamando il 329_6915419
imparerai a conoscere ingredienti naturali e non trattati/lavorati per la ad abbinarli tra loro per ottenere dolci gluten free senza l’impiego di preparati già pronti e ingredienti raffinati.
scoprirai come realizzare dolci che non hanno nulla da invidiare a quelli tradizionali e avrai una base di ricette per realizzare varie tipologie di impasti che potrai poi adattare ai tuoi gusti e alla tua fantasia per creare dolci sempre nuovi
e golosi.
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